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29 Giugno 2023

Voci dal Sud Sudan: Deborah Akech Koucnin,Ministro del lavoro e sviluppo umano

Deborah Akech Koucnin, attuale Ministro del lavoro e sviluppo umano dello Stato dei Laghi (Sud Sudan).

Per la rubrica “Voci dal Sud Sudan” oggi torna a trovarci Deborah Akech Koucnin, attuale Ministro del lavoro e sviluppo umano dello Stato dei Laghi (Sud Sudan). Nata a Yirol, missione della Diocesi di Rumbek, ha studiato a Mapuordit e a Kitale,  è laureata in economia in Uganda, alla Ndejje University dove è stata anche segretaria generale dell’associazione studenti sud sudanesi. A Deborah abbiamo chiesto impressioni sul viaggio di Papa Francesco, sulla vita in Sud Sudan e un ricordo di padre Cesare Mazzolari, che lei ha conosciuto bene.

Quanto è stato importante il viaggio del Papa? Non è comune che il Papa visiti tutti i Paesi del mondo durante la sua vita. Il Papa seleziona i paesi da visitare in base alle sfide che stanno affrontando. Abbiamo avuto il privilegio che il Papa abbia scelto il Sud Sudan per la sua visita apostolica. L’ultima volta che il Papa ha visitato il Sudan è stato nel febbraio 1993 durante la guerra civile tra i sudanesi del sud e il regime di Khartoum. La visita del Papa ha avuto un significato speciale per il popolo del Sud Sudan. Il viaggio del Santo Padre è avvenuto in un momento critico nel nostro Paese. Il Paese si sta riprendendo dagli effetti della guerra scoppiata nel dicembre 2013. C’era una generale ricerca di pace e riconciliazione tra la gente. Il Papa è venuto come pellegrino di pace. Il suo viaggio è stato una luce di speranza per le popolazioni colpite dal conflitto e assetate di pace. Ciò è stato dimostrato quando il Santo Padre ha tenuto incontri con gli sfollati durante la sua visita. Duranta i tre giorni trascorsi nel nostro paese, tutti hanno dimenticato la propria tribù, religione, genere, status politico ed economico. Eravamo tutti una grande famiglia. Il viaggio del Papa ha rafforzato la ricerca della pace e dell’armonia. L’incontro con l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e il moderatore generale della chiesa di Scozia Iain Greenshields hè stato significativo ed  e ha fatto riflettere  sull’importanza di  vivere insieme pacificamente indipendentemente dalla diversità religiosa e politica.

Cosa ha lasciato alla tua comunità il viaggio di Papa Francesco? Il viaggio di Papa Francesco ci ha lasciato con la sensazione che non siamo soli nella sofferenza che stiamo affrontando.  Ci ha esortato ad : “Essere tutti UNO”. Ci ha ricordato l’importanza del perdono per tutti i nostri fratelli e sorelle.  Il suo viaggio è stato significativo anche perchè da tempo il Santo Padre sita portando avanti un’importante azione di mediazione tra governo e le altre fazioni politiche  . Nel 2018, il Santo Padre si è spinto fino a baciare i piedi dei nostri leader a Roma. Li pregò di smettere di litigare e di perdonarsi a vicenda. Li ha anche esortati a lavorare per il benessere del popolo sud sudanese.

Com’è l’attuale situazione in Sud Sudan, anche in relazione ai disordini e al caos nel Nord? C’è un tracollo economico attualmente in Sud Sudan. Ciò è  attribuito al conflitto che persiste ormai da quasi 10 anni ma anche a causa della pandemia di Covid-19 . Ora, con lo scoppio del conflitto in Sudan, la situazione è disastrosa. Le persone che sono fuggite dal Sud Sudan e hanno cercato rifugio in Sudan anni fa stanno ora tornando a casa. C’è una fame incombente nel paese per la stragrande maggioranza della popolazione. Insomma, nel Paese c’è una grave crisi umanitaria. Molte persone moriranno di fame  se non ci sarà sostegno umanitario agli sfollati. Normalmente questo è il periodo di semina per la popolazione del Sud Sudan ma l’ assenza di pioggia in molte aree non consentirà di avere un sufficiente raccolto aggravando la situazione alimentare del paese già in sofferenza. L’economia del Sud Sudan dipende in gran parte dall’esportazione di petrolio greggio nel mercato internazionale. Questo petrolio viene trasportato attraverso gli oleodotti a Port Sudan. Con l’attuale crisi in Sudan, se a causa del conflitto fossero interrotti  il trasporto o la produzione di petrolio, la situazione potrebbe peggiorare in Sud Sudan e molte persone potrebbero morire di fame.

Sono arrivati sfollati? E i sud sudanesi fuggiti sono tornati ? Come li state gestendo? Gli sfollati sono arrivati nel Paese dall’inizio della crisi in Sudan ad aprile. Coloro che sono fuggiti dalla crisi dal Sud Sudan sono tornati e anche i sudanesi che stanno fuggendo dalla crisi in Sudan sono arrivati in Sud Sudan. Gestirli è diventata la sfida più grande per il governo e per le ONG internazionali che operano in Sud Sudan. A queste persone mancano i beni di prima necessità e la fornitura di questi beni è diventata difficile. Alcuni sono ospitati dalle comunità locali che stanno lottando a pieno titolo. Alcuni sostenitori del Sud Sudan hanno formato gruppi di beneficenza per mobilitare fondi per aiutare questi sfollati. Anche le ONG internazionali e alcune ONG locali stanno facendo del loro meglio per garantire a queste persone i beni di prima necessità, anche se non sufficienti.  Inoltre i prezzi delle materie prime sono saliti alle stelle nelle ultime due settimane. Siamo un’economia che dipende principalmente dalle importazioni di prodotti alimentari. Pertanto, è l’uomo comune che soffre quando i prezzi salgono e gli sfollati ne sopporteranno maggiormente il peso.

Quali prospettive per il futuro avete come popolo? Viviamo in una situazione precaria causata da continue guerre civili dall’indipendenza dal dominio britannico.  Se la pace fosse una merce venduta al mercato, ogni sud sudanese la comprerebbe a tutti i costi. Con l’inizio della pandemia di COVID-19, la situazione già instabile nel paese è peggiorata. La gente di questo paese si aspetta che i loro leader trasformino quella che è una cultura della guerra in una cultura della pace. Desiderano che i leader siano in prima linea per esortare le persone a perdonarsi a vicenda e riconciliarsi. Per costruire la fiducia infranta e ripristinare la legge e l’ordine nel paese. Questa è l’auspicio di ogni cittadino sud sudanese per il futuro.

Il 16 luglio è l’anniversario della morte di padre Cesare, so che è stato molto importante per lei. Può darci un suo ricordo? Quando voglio parlare del defunto Vescovo Cesare Mazzolari, mi emoziono molto perché la sua morte mi tocca molto a livello personale. Mons. Cesare Mazzolari è stato nominato quando la guerra tra il governo di Khartoum e il movimento ribelle Sudan People’s Liberation/Army (SPLM/A) era al culmine ed ha assunto l’amministrazione della Diocesi in un momento molto critico. La gente aveva bisogno di beni di prima necessità, cibo, strutture sanitarie per il ricovero e istruzione per i propri figli. Molto importante era per la gente avere un pastore che le guidasse verso la conoscenza di Dio. Prima della nomina del vescovo Cesare, i sacerdoti fuggiti con il popolo di Yirol hanno svolto un lavoro incredibile. Tra loro il defunto padre Raphael Riel e padre Joseph Pellegrino che insieme ad altri sacerdoti si sono presi cura delle persone a Aguraan e Mapuordit. P. Cesare ha amato con tutto il cuore il popolo del Sud Sudan fino alla sua morte. Ha viaggito molto negli Stati Uniti, in Europa e nel suo paese d’origine, l’Italia, raccogliendo fondi per prendersi cura dei poveri e fornire istruzione ai bambini sfollati. Io stessa ho beneficiato di quell’educazione alla Mapuordit Comboni Primary School. Oggi molti studenti delle scuole della Diocesi sono medici, piloti, politici, ambasciatori, sacerdoti, uomini e donne d’affari, docenti nelle università e/o rivestono molte altre posizioni importanti nel Paese. Tutto grazie all’educazione della diocesi cattolica di Rumbek. Spero che queste scuole continuino a funzionare per produrre più generazioni di leader. P. cesare non si è preso cura solo della gente della diocesi di Rumbek, ma si è preso cura anche della gente della diocesi di Wau, dei monti Nuba e del campo profughi di Kakuma nel nord del Kenya. Era un uomo di Dio all’altezza della sua vocazione religiosa. Era pieno di zelo e entusiasmo. Nonostante avesse condizioni di salute tali da indurre chiunque a rinunciare al lavoro e optare per il riposo per vivere più a lungo, non si è mai fermato. Ricordo che uno dei suoi collaboratori che era una persona del posto raccontò una storia. Disse che il vescovo aveva subito un importante intervento al cuore e di essere rimasto scioccato quando, solo una settimana dopo l’operazione, l’ha visto il vescovo guidare un’auto e ripartire poi per tornare in Sudan a continuare il suo lavoro. Che uomo era! Non si è mai arreso nemmeno quando tutti i missionari e cooperanti erano stati espulsi dal Paese. Ha fatto l’impossibile per rientrare al più presto per prendersi cura della sua gente. Ricordo che una volta disse che non si sarebbe mai ritirato dall’incarico di vescovo della diocesi di Rumbek. Che solo la morte lo avrebbe fatto ritirare. In effetti, è stata la morte a portarcelo via. Amava il Sud Sudan al punto da trascurare la propria salute per celebrare l’Indipendenza a Rumbek contro le raccomandazioni dei suoi medici. Non l’ho incontrato quella settimana che ha portato al Giorno dell’Indipendenza, ma mi è stato detto che il dottore sapeva quali conseguenza avrebbero avuto sulla sua salute le forti emozioni  delle celebrazioni dell’Indipendenza. Ha rifiutato di andare a Nairobi fino alla fine dei festeggiamenti. Secondo quanto riferito, avrebbe detto che sarebbe morto da uomo felice solo dopo aver condotto la sua gente al traguardo dell’Indipendenza. Come se stesse profetizzando la propria morte. È morto esattamente una settimana (16/7/2011) dopo le celebrazioni per l’Indipendenza del Sud Sudan. Era un uomo di Dio dal cuore puro. Ha fatto molte cose nella diocesi che saranno ricordate dalle generazioni a venire. Seguì sinceramente e fedelmente le orme del compianto Vescovo e Santo Daniele Comboni che diceva: “Africa o morte”. Ero personalmente legata a p. Cesare. Mi ha sostenuta come una figlia, era il mio padre spirituale anche quando ho avuto problemi con la mia famiglia. La sua morte improvvisa mi ha colpito profondamente. Oggi sento ancora il dolore per la sua perdita. Sono felice del privilegio di aver beneficiato dell’istruzione attraverso la diocesi cattolica di Rumbek grazie al sostegno di benefattori provenienti dall’Italia, dall’Austria, dagli Stati Uniti e da altri paesi in Europa . So che è in paradiso che mi sorride ed è orgoglioso della donna che sono diventata. Possa la sua bella anima continuare a riposare nella gloria celeste! Amen!

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