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31 Maggio 2021

Le Missioni della Diocesi di Rumbek: Mapuordit (parte prima)

Amici di Cesar  come sapete operiamo da più di 20 anni in Sud Sudan a Rumbek, sui passi di padre Cesare Mazzolari. In realtà non siamo solo qui, ma come fondazione portiamo il nostro operato in altre 11 Missioni appartenenti alla Diocesi. Una di questa è Mapuordit.

Mapuordit è la zona più distante della Diocesi di Rumbek, a 20 Km a nord di Aluaakluak e Akot sulla strada principale che collega Rumbek a Yirol. È la più vecchia delle missioni (dopo Yirol) da quando la Diocesi di Rumbek entrò nella così detta “area liberata”.  La missione è gestita dai Missionari Comboniani, dai Fratelli del Santo Spirito e dalle Suore di Nostra Signora del Sacro Cuore. Proprio a Mapuordit per un periodo ci è stato P. Daniele Moschetti, comboniano e grande amico di p. Cesare Mazzolari, del quale vi proponiamo una lettera dove ci racconta la vita del villaggio e l’origine del nome della località che è legato ad una delle cose più importante per i Dinka: il bestiame.

Dalla lettera di P. Daniele Moschetti (2009)

MAPUORDIT: IL TORO MARRONE E GRIGIO!

Mapuordit, è un villaggio, che piano piano sta diventando una piccola cittadina situato a 75 km a sud-est di Rumbek, il centro più grande della regione dello LAKES STATE (Stato dei Laghi), uno dei dieci Stati che compongo il Sud Sudan. Lo Stato viene chiamato così perché sono presenti laghi e laghetti, stagni e acquitrini. Proprio attorno a quelle zone i giovani portano a pascolare le migliaia di vacche e a cercare acqua nei momenti più secchi dell’anno.
Come molti altri villaggi e città dinka e sud sudanesi, il nome Mapuordit ha un significato legato alla cosa più importante della cultura dinka: il bestiame. È il nome di un toro che è stato sacrificato in questo luogo agli antenati prima di insediarsi in questa area per avere la loro protezione. Il suo significato è: “grande Mapuor” cioè grande toro dal colore marrone e grigio.                                                                                                                                                                          Un villaggio rurale con tante capanne di paglia (tukul) costruite con estro tramandando la tecnica da una generazione all’altra. Tutte uguali e quasi sempre con la stessa forma. Per chi si immagina l’Africa del villaggio è proprio come ve lo immaginate. Ci sono circa 33.000 persone molte nel villaggio ma soprattutto in tutta l’area circostante chiamata Payam Mapuordit che comprende altri piccoli villaggi. Le cose più significative del villaggio sono gli uffici del Paramount Chief, cioè il capo del villaggio e sede giudiziaria, e dal Payam Administrator rappresentante dell’area per il governo del Sud Sudan, le due scuole con i loro grandi cortili, l’ospedale che è stato costruito lentamente negli ultimi 5 anni con i suoi padiglioni e reparti, il mercato circolare con negozi un po’ fatiscenti e con la stessa identica e poca merce in ogni negozio, il seminario diocesano con grande cortile, refettorio e casa degli educatori in muratura, capanne dormitorio-tukul come quelle della gente. Tantissimi alberi diversi, tanti alberi lulu e verde circondano il villaggio. Tanto verde nella stagione delle piogge ma con tanta calura durante tutto l’anno. Mentre vi scrivo siamo nel periodo più “freddo” ma sempre dai 20 ai 30 gradi tutti i giorni. Potete immaginare da gennaio in avanti, stagione secca!

Padre Daniele Moschetti con il Vescovo p. Cesare Mazzolari

Basta uscire dal villaggio e incamminarsi verso la foresta o campagna e incontri le varie persone nelle loro capanne e nei loro spaziosi cortili. Spesso proprio per la calura sia uomini che donne rimangono a torso o seno nudo e i bambini più piccoli completamente nudi, così come il Signore li ha creati. La povertà delle capanne e della vita quotidiana è visibile ad occhio nudo ma è una povertà dignitosa e più o meno allo stello livello per tutti. C’è una differenza in termini di povertà e sviluppo a volte abissale con il Kenya. Ciò che li sostiene sono le loro tradizioni e la solidarietà della famiglia e del clan che funziona ancora. I dinka sono molto tradizionalisti e ci tengono a mantenere i loro costumi e tradizioni! Anche per questo la modernità fa più fatica a penetrare in un tessuto sociale che resiste alle novità e anche all’educazione ma che cerca di resistere per mantenere sé stesso, per non rimanere intrappolato in un modernismo che porta ancor più povertà. Passeggiando di tanto in tanto in mezzo al villaggio e capanne mi tornano in mente ricordi di tanti volti e storie della gente di Korogocho, venuta dalle campagne con le loro famiglie con tante speranze e sogni ma che si sono ritrovate perdute negli artigli di una baraccopoli crudele che ha spezzato i legami famigliari e lasciato molto spesso i singoli a lottare da soli contro una povertà senza dignità! Senza cultura, legami, tradizioni e costumi da potersi aggrappare per sentirsi importanti con una propria identità e poter essere comunità. Non abbandonati a se stessi. Ma questa sarà anche per i sud sudanesi una realtà che purtroppo sarà più presente in futuro nelle città di Juba, Wau e altri più piccoli centri: le cittadine stanno crescendo in maniera esplosiva. La realtà del fenomeno dell’urbanizzazione in Africa che stanno sperimentando tutti i paesi africani lo sarà ancor di più qui in Sudan se permarrà la relativa pace di questo tempo durante e dopo il 2010 e 2011, anni cruciali e storici per questo popolo!

Mapuordit fu fondato nel 1993 durante la seconda guerra civile da missionari fuggiti con la gente dalla cittadina di Yirol a quasi 80 km di distanza. Yirol fu conquistata e distrutta dall’esercito governativo sudanese a fine 1991. Per motivi di sicurezza e per dare un futuro alla gente fu scelto un posto isolato nella foresta a 30 km all’interno dalla strada principale tra Yirol e Rumbek. Infatti Mapuordit è isolato ancora oggi dalle comunicazioni stradali, telefoniche, commerciali. Non c’è assolutamente elettricità come in gran parte del Sud Sudan. L’unica comunicazione che abbiamo con il “mondo esterno” è internet satellitare, usando l’energia dei pannelli solari, che una associazione italiana che si occupa di ospedali all’estero ha voluto offrire al nostro ospedale per rimanere sempre in rete per eventuali emergenze e comunicazioni.
Durante la guerra, la copertura degli alberi e la quasi impenetrabilità dell’area facilitò il nascondimento; gli arabi dell’esercito governativo non sarebbero potuti arrivare nemmeno con i bombardieri Antonov che bombardavano zone abitate. Il fondatore della missione fu un prete diocesano, Raphael Riel che è morto recentemente proprio nell’ospedale di Mapuordit dove ha voluto essere ricoverato da un’altra missione. Un altro segno di una storia che il Signore conduce!

Alla prossima con altre curiosità e il racconto su Mapuordit di padre Moschetti!

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