Mentre a Cuiebet stiamo terminando i lavori del Centro di formazione degli insegnanti, già in parte attivo con i corsi di aggiornamento dei maestri in forze nelle scuole della Diocesi, a Rumbek la voglia di ripartire, di ricostruire il proprio futuro è soffocata dall’emergenza fame, che colpisce soprattutto i bambini più piccoli, e spinge al limite le attività dei nostri 14 centri ospedalieri, malgrado le piogge. Ogni giorno arrivano madri con i loro piccoli da salvare, ogni giorno, ogni ora c’è una nuova storia da raccontare, un nuovo “piccolo” dramma da affrontare.
E’ un’emergenza silenziosa, quella che colpisce i bambini in questa parte del Sud Sudan in pace, un dramma che fa poco notizia, di fronte ai venti di guerra che si respirano al nord, nelle terre di confine con il Sudan, come il Kordofan, o il Darfur.
E ora anche nelle zone interne, quelle ricche di petrolio, che continua a dettare l’agenda della pace, come nel Jonglei, il più grande dei dieci Stati del Sud Sudan, che ha enormi riserve petrolifere non ancora sfruttate a causa della lunga guerra civile: ora per il giovane Stato c’è una grave accusa di aggressione e violazione dei diritti umani nei confronti della minoranza Murle. Come riporta anche “Avvenire”, in un rapporto, classificato come «confidenziale», redatto lo scorso mese da alcune agenzie delle Nazioni Unite (Unocha, Acnur, Pam, Fao) in collaborazione con alcune organizzazioni umanitarie si parla addirittura di “puliza etnica” verso i Murle, anche se non ci sono prove di tali orrori da parte proprio dell’esercito regolare sud sudanese.
Il governo sud sudanese continua a difendersi dalle gravi accuse puntando il dito contro Khartoum, colpevole secondo loro di fomentare le tensioni nel Jonglei allo scopo, come denuncia il presidente Salva Kiir, di fermare il progetto di esportazione del greggio attraverso l’Africa orientale ed il Corno d’Africa, anziché, come prevedevano gli accordi di pace, verso il Sudan a nord. Gli interessi in questa regione sono delicatissimi e molto importanti. Il problema è che per poter realizzare il progetto, è indispensabile trovare le riserve petrolifere più adatte: il territorio subito dopo l’indipendenza è stato diviso in blocchi per permettere l’esplorazione petrolifera, ed ora un team, guidato dalla Total (Francia), dalla Kufpec (Kuwait) e dalla Exxon Mobil (Usa), ha già iniziato ad esplorare il primo dei blocchi. Ed è anche a loro tutela che nella regione è presente l’esercito sud sudanese, interessato a portare in ogni modo la pace nella regione per consentire la produzione ed esportazione del greggio. Anche, forse, soffocando i diritti delle minoranze. E dunque, almeno in parte potrebbe essere colpevole delle violazioni di cui è accusato. Difficile capire la verità, tra interessi e ambizioni di potere. L’unica cosa certa è che nel mezzo di queste torbide dinamiche legate al greggio, a soffrire è sempre e solo la popolazione civile, incapace di difendersi.
Come i bambini e le bambine nei vasti territori della Diocesi di Rumbek, dove regna la pace ma fame e povertà li stanno lentamente uccidendo, impedendo loro un futuro. Se non li aiutiamo noi.