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11 Luglio 2011

Campane, tamburi e danze: “finalmente liberi”

(articolo tratto da www.misna.org di sabato 9 luglio 2011)

Allo scoccare della mezzanotte, campane e tamburi accompagnati da un boato hanno ufficialmente annunciato la nascita della Repubblica del Sud Sudan. Il 54° Stato africano comincia oggi il suo cammino dal mausoleo di John Garang, immensa spianata di terra rossa a Juba, dove si stanno tenendo le celebrazioni dell’indipendenza e dove il presidente Salva KiirMayardit firmerà la Costituzione. Secondo il programma, Salva KiirMayardit alzerà la bandiera sud sudanese dopo che Omar HassanelBashir avrà ammainato quella del Sudan.

Migliaia di persone si stanno radunando nel centro della capitale per assistere alle celebrazioni insieme a capi di Stato stranieri, delegazioni di paesi di ogni continente e alla presenza del segretario generale dell’Onu, BanKi-moon.

Donne in abiti tradizionali, guerrieri dinka, nuer e di altre tribù che hanno partecipato alla lotta per l’indipendenza con il Movimento popolare di liberazione del Sudan (Splm) stanno sfilando per le strade della città danzando e cantando, incuranti del caldo umido che accompagna questa giornata.

“Oggi festeggiamo la nostra liberazione, da domani cominceremo a lavorare per costruire un paese unito, in grado di superare le divisioni che in passato hanno creato tensioni tra di noi, facendo invece delle nostre differenze la nostra ricchezza” dice John Akol, un giovane studente universitario di etnia dinka guardando con un sorriso l’amico al suo fianco che è di etnia nuer.

Nuer e dinka sono i due principali gruppi del nuovo Stato, ma sono decine le etnie che compongono il ricco mosaico sud-sudanese e che oggi sembra si siano dati appuntamento al mausoleo di John Garang il padre della patria morto in un incidente aereo nel 2005, poco dopo la firma degli accordi di pace (Cpa) con il Nord, che sancirono la fine della guerra civile.

Chiuso il capitolo della guerra civile e il processo seguito alla firma della pace, l’indipendenza è il culmine di un percorso che il ‘Southern Eye’, quotidiano locale, sintetizza così nel suo titolo di apertura: “Free at last”, “Finalmente liberi”.

Domani, come dice WilkisterGacheru, giovane donna originaria di Bentiu, a nord di Juba, “spero si comincerà a lavorare per l’unità ma anche per il lavoro, per dare un futuro a noi giovani. Il mio sogno? Vorrei diventare un medico”.

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