10 maggio 2017 – Nei giorni scorsi studenti e comuni cittadini sono scesi per le strade di Juba, capitale del Sud Sudan, per manifestare contro il governo di Salva Kiir, accusato di aver portato il Paese sull’orlo del baratro.
«La nazione è collassata sotto la tua leadership» si leggeva in uno striscione esibito da un manifestante. L’economia nazionale è crollata dopo la guerra scoppiata nel dicembre 2013 tra le forze del Presidente Kiir e quelle del Vice Presidente Riek Machar. Da allora una buona parte del Paese è in preda all’anarchia e agli scontri etnico tribali.
Il crollo della sterlina sud-sudanese rispetto alle valute estere ha provocato un’impennata dei costi relativi ai beni primari come zucchero e carburante, e un aumento delle tasse per le utenze nei centri abitati di oltre il 50%.
«La gente sta soffrendo, e sta sopportando dal 2013. Vuole la pace ma sembra che il governo sia a proprio agio con la guerra, dal momento che essa fa lievitare i prezzi» ha affermato uno dei manifestanti.
Nelle aree rurali la situazione è resa drammatica dalla carestia provocata dall’instabilità e dai combattimenti e aggravata dalla siccità che ha colpito l’Africa orientale.
La guerra ha creato la più grave crisi umanitaria africana, con 3 milioni di persone costrette alla fuga e divenute sfollati interni o rifugiati nei Paesi vicini.
Le agenzie umanitarie internazionali si trovano a lavorare in un ambiente difficile, spesso ostile. Dallo scoppio della crisi pare siano già 82 gli operatori umanitari uccisi in Sud Sudan. Il governo di Juba ha inoltre aumentato le tasse di registrazione per le ONG straniere che operano nel Paese.
(fonte: Sudan Tribune)