Lo ha reso noto l’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia: nella regione del Jonglei, una della più coinvolte nel conflitto che da oltre un anno sta insanguinando il Sud Sudan, duecentottanta bambini e ragazzi costretti a combattere, sono tornati in libertà grazie a un accordo con l’Esercito democratico del Sud Sudan, il gruppo armato guidato dall’ex capo ribelle David Yau Yau, che ha accettato di porre fine a questa barbarie, e ha garantito, a breve, la liberazione di altri 3000 minorenni.
La liberazione del primo gruppo di bambini soldato è stata salutata con una cerimonia e grandi feste della popolazione, nella regione orientale del Jonglei.
Purtroppo, dimenticando l’orrore e le atrocità commesse sui bambini e i ragazzi durante la guerra civile contro il Sudan, anche in questo conflitto interno, nato per questioni politiche e di controllo delle aree petrolifere, le parti in causa hanno schierato sui campi di battaglia almeno, secondo le stime delle Nazioni Unite, 12.000 tra bambini e ragazzi-soldato. Una barbarie che il governo di Salva Kiir aveva promesso di eliminare, con leggi e controlli severi. Ma evidentemente non c’è stata la volontà e ora il destino di queste giovani vite è legato all’opera di persuasione e pressione delle Nazioni Unite e di tutta la Comunità internazionale.