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22 Ottobre 2014

SEGNALI DI PACE, IN SUD SUDAN

Serpeggia un cauto ottimismo per la pace in Sud Sudan. Ieri, come conferma Nigrizia, la rivista dei Comboniani, si sono finalmente incontrati i due leader del lungo conflitto che dallo scorso dicembre sta martoriando il Sud Sudan, il presidente in carica Salva Kiir e il suo ex vice presidente Riech Machar. Per l’ennesima volta, grazie alla mediazione della Tanzania, paese amico, hanno entrambi sottoscritto un accordo di pace, il quinto siglato dall’inizio degli scontri. Padre Efrem Tresoldi, di “Nigrizia”, afferma che questo è un accordo diverso rispetto agli altri, sempre disattesi, perché per la prima volta si sono incontrati i due leader, responsabili di tutto questo disastro, e non le loro delegazioni. Un segnale che dà speranza di concretezza e maggior peso all’accordo. Ora tutto questo deve trasformarsi però in una vera e definitiva tregua di questo conflitto che la maggioranza della popolazione non ha mai voluto e solo subito: nata da uno scontro, anche personale, tra il presidente ed il suo ex vice, la guerra fratricida, nascosta dietro la questione etnica, che entrambi i leader hanno impropriamente sfruttato, non è altri che una lotta per il potere, e soprattutto per il controllo del petrolio, la più grande ricchezza del paese di cui sono ricche le regioni del nord est. Dove il conflitto, infatti, è stato più violento e cruento, con migliaia di morti e persone in fuga. Un desiderio di potere del Paese, dunque, per mettere mano alle sue immense ricchezze, per cui entrambi hanno ignorato il dramma e la tragedia in cui hanno gettato l’intera popolazione. Che ora, tra fame, fango, violenze, pandemie, sfollati e conflitti interni è allo stremo. Gli scontri e le violenze hanno impedito in molte aree di coltivare la terra, e il cibo scarseggia ovunque. In attesa della pace e di un ritorno alla serenità ed alle attività di sviluppo, che erano già avviate, il popolo sud sudanese, in piena crisi umanitaria, adesso ha bisogno dell’aiuto di tutta la comunità internazionale, per poter continuare a vivere. Anche di noi.

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