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25 Febbraio 2014

IL SUD SUDAN NON DEVE PERDERE LA SPERANZA

La Chiesa chiede l’intervento della società civile, per trovare una pace duratura.

E poi garantire istruzione, per mantenerla.

 

Il Sud Sudan non deve perdere la speranza, nonostante in questo momento drammatico la logica delle armi sembri prevalere sulle ragioni del dialogo” lo dice alla MISNA monsignor Roko Taban, amministratore apostolico della diocesi di Malakal, la più colpita dal conflitto cominciato nel dicembre scorso.

Il confronto e la trattativa – dice monsignor Taban – sono l’unica via per affrontare i problemi e oggi in Sud Sudan questo è più vero che mai”.

L’amministratore apostolico parla mentre nella sua diocesi i combattimenti sono più accesi che mai.

Nel fine settimana infatti si sono scontrate forze fedeli al presidente Salva Kiir e quelle alleate con l’ex vice-capo di Stato Riek Machar, a circa 80 chilometri a nord della città di Bor, con centinaia di vittime e feriti da entrambi le parti. Inoltre sono segnalati combattimenti anche nei pressi del giacimento petrolifero di Paloich, uno dei più ricchi del Sud Sudan, nella regione dell’ Upper Nile. Secondo il quotidiano Sudan Tribune, oggi Paloich vale il 70% della produzione nazionale di greggio. Un bottino che fa gola.

Nel frattempo, nonostante i continui scontri armati nelle regioni petrolifere, i colloqui di pace tra le due fazioni rivali sembra che siano ripresi venerdì scorso ad Addis Abeba, in Etiopia, anche se sotto traccia.

La situazione militare appare infatti confusa: le parti si rinfacciano accuse di massacri e responsabilità della rottura della tregua, la questione etnica si sovrappone agli obiettivi di controllo dei ricchi giacimenti di petrolio del paese, e intanto il governo denuncia la fuga e la diserzione di molti militari di etnia Nuer, la stessa del ribelle Machar, ma anche tra i ribelli vi sono le prime diserzioni, creando ancor più caos nel già difficile conflitto.

Con una dichiarazione all’agenzia Cisa di Nairobi, ripresa da Radio Vaticana, il nunzio apostolico, Mons. Charles Daniel Balvo, ha dichiarato che occorre coinvolgere la società civile nei negoziati di pace. “Se c’è una soluzione duratura ai problemi del Sud Sudan, occorre che i negoziati non coinvolgano solo il livello governativo ma anche la società civile” ha detto il nunzio. “So che recentemente alcuni rappresentanti della società civile si sono recati per proprio conto ad Addis Abeba, ma questi dovrebbero essere sempre coinvolti attivamente”.

Mons. Balvo ha sottolineato che la Chiesa sta facendo molto per aiutare la popolazione del Sud Sudan ma che “è molto difficile promuovere lo sviluppo di una società dove intere generazioni di persone non hanno conosciuto altro che la violenza”. Occorre dunque ripartire dall’educazione. Da un vera istruzione. L’unica, in grado di impedire altre violenze, in futuro. Ecco perché dare veri insegnanti qualificati è così importante. Ecco perché il Teachers Training Center, a Cuiebet, è davvero importante. Come importante è il nostro e vostro impegno perché funzioni, perché viva e produca una nuova generazione capace di portare pace e sviluppo al Paese.

Per info: http://www.cesarsudan.org/it/cesar-onlus-progetti/progetto-scuola-insegnanti-cuiebet.html

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