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8 Luglio 2011

Il vescovo di Rumbek sull’imminente proclamazione del nuovo Stato africano

Il vescovo di Rumbek sull’imminente proclamazione del nuovo Stato africano

In Sud Sudan un’attesa piena di speranze 

 

Tensioni sempre più marcate da violenze stanno accompagnando la vigilia della nascita del nuovo Stato del Sud Sudan, il 54º del continente africano, che avverrà con la cerimonia del 9 luglio, ma malgrado gli attacchi degli ultimi mesi abbiano causato centinaia di vittime e migliaia di profughi, il popolo guarda con speranza al futuro.

Nella futura capitale, Juba, fervono i preparativi per l’evento. La comunità cattolica incoraggia da sempre l’impegno verso la riconciliazione. Il Sud Sudan, ha commentato il vescovo di Rumbek, Cesare Mazzolari, «è fiero di essere una nuova nazione ed è pronto a conquistare la propria identità nel mondo». Per l’evento, ha aggiunto, «ci saranno celebrazioni a Juba e in tanti altri Paesi del mondo. La Chiesa ha perseverato nella preghiera e nella diffusione della fede in Dio, incoraggiando l’impegno verso la riconciliazione». Vittime e migliaia di sfollati, come accennato, sono il tragico risultato dei conflitti in corso nelle zone ancora oggetto di contenzioso con le autorità di Khartoum, tra cui in particolare quella di Abyei. Monsignor Mazzolari — che è anche referente per l’episcopato in Sudan del comitato di religiosi e religiose per la solidarietà al Sud Sudan — su questo punto specifico ha sottolineato a «L’Osservatore Romano» che «è ora di porre fine al clima di odio e che c’è una profonda necessità che le persone preghino affinché si aprano i cuori». E aggiunge «che tutti i sacrifici della popolazione devono servire a chiedere perdono a Dio per le violenze che derivano dalla crisi umana». Per il presule, la data del 9 luglio — «che segna la storia» — deve costituire «un’occasione per riavvicinare gli animi alla solidarietà e per guardare con occhi nuovi alla realtà».

Anche appelli che giungono dalle Caritas di Germania e Italia contribuiscono a segnalare la difficile condizione degli sfollati. La Caritas in Germania sollecita la comunità internazionale a monitorare la situazione poiché, ha spiegato il direttore della sezione esteri dell’associazione, Oliver Müller, «solo una maggior pressione e un sostegno più ampio possono garantire la pace tra nord e sud». La Caritas italiana si unisce alle preghiere per la pace, intensificando il programma di aiuti. In collaborazione con la rete Caritas international è in atto un piano umanitario d’urgenza nel Paese per i profughi che dalle regioni settentrionali si stanno riversando in quelle meridionali. Gli interventi si stanno concentrando nella distribuzione di generi di prima necessità e di alloggi provvisori destinati a 50.000 sfollati. Per i prossimi mesi è stato anche lanciato un programma annuale che prevede interventi in tutto il Sud Sudan in vari settori.

Nonostante le tensioni, ha ribadito comunque al nostro giornale il vescovo di Rumbek, in Sud Sudan il clima generale «è di euforia e di fiducia». Il 7 luglio si conclude, fra l’altro, la novena di preghiera in vista della proclamazione del nuovo Stato africano. Si è trattato, è stato spiegato, «di un tempo di ascolto in cui i credenti del Sudan hanno potuto chiedere aiuto per la grazia di diventare figli sempre migliori in Dio Padre». Anche il segretario generale dell’arcidiocesi di Juba, padre Martin Ochaya, ha osservato «che l’umore della popolazione è alto e che fervono i lavori per sistemare le strade e gli edifici». La popolazione, ha affermato padre Ochaya, «nutre speranze per il futuro, perché pensa che, grazie all’indipendenza, il futuro sarà diverso». La popolazione, ha aggiunto, è inoltre impegnata «ad accogliere coloro che verranno a festeggiare l’indipendenza del Sud Sudan». Le cerimonie di preghiere coinvolgono tutte le confessioni e proseguiranno nelle parrocchie per tutto il mese di luglio. Nei giorni scorsi, fra l’altro, si è tenuta un’iniziativa ecumenica, il «Reconciliation Day», con momenti di preghiera e di ascolto delle testimonianze. Inoltre, come benedizione nei confronti della nazione nascente, prima della proclamazione d’indipendenza, rappresentanze delle comunità cristiana e musulmana si raccoglieranno per un momento di preghiera condiviso. Un segno di speranza è dato anche dalla recente ordinazione di un nuovo diacono in Sud Sudan. Si tratta di un seminarista della diocesi di Rumbek, Marko Tong Dihany, originario della contea di Aweil orientale, nella regione del Bahr el Ghazal.

  ALESSANDRO TRENTIN

articolo tratto da: www.osservatoreromano.va

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